FESTA IMMACOLATA Le Figlie di Maria e la festa dell’Immacolata. Fino agli anni 50-60 nel nostro bel paese non poche erano le confraternite e le associazioni religiose, ognuna delle quali con livrea e regolamento particolari. Non sono qui ad elencarle. Si facevano notare nelle processioni ed in altre feste comandate. Voglio parlarvi dell’associazione “Figlie di Maria”. Venivano ammesse le giovani vergini. A questo punto qualcuno potrebbe domandarsi: “Con quale prova”? Proprio nel giorno dell’Immacolata, nella messa solenne, promettevano di restare intonse sino al matrimonio. Durante la cerimonia indossavano una veste lunga e bianca. Avevano appeso al collo un nastro celeste con una medaglia della Madonna. A loro non era consentito il ballo. Pare che questa promessa fosse frequentemente disattesa. Godevano del privilegio di poter sposarsi nella Grotta della Madonna ad Rupes. Coordinatrice dell’associazione era Suor Maria Innocenza Lelli, religiosa di grandi mariti per la sua opera altamente educativa a favore delle giovani Attivò un laboratorio, che era scuola di taglio, di cucito e di ricamo. Aveva le mani d’oro. Sapeva alternare momenti di lavoro con momenti di preghiera. Sue collaboratrici erano suor Maria Teresa di Nepi e suor Maria Locadia tedesca. Conosco nostre concittadine, non più giovani, di 70-80 anni, che conservano ancora il loro corredo impreziosito di ricami, confezionato sotto la guida di suor Maria Innocenza. Non guasterebbe dedicarle una via. Frequentemente era riutilizzata la stoffa di vestiti dismessi. La stoffa, quella nuova, veniva acquistata al mercatino del lunedì in Piazza Regina Margherita, che non era quella che vediamo oggi. I venditori ambulanti si contavano sulla mano. Erano di origine abruzzese, e non so darvene una spiegazione. Ricordo alcuni nomi, divenuti familiari nel nostro paese; erano Florindo, Decina Felice (in seguito divenuto grossista a Civitavecchia), Marietto o scarparo, Scannella,
il capostipite Masetti. Nel momento dell’acquisto le nostre madri ben conoscevano l’arte di abbassare il prezzo proposto. Sapevano “tirare, tirare “. Tornando alle “Figlie d Maria “, si sa, è scritto nel Vangelo “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole”. Non di rado, qualche giovane veniva meno alla promessa ed era oggetto di biasimo A proposito, fortunatamente, oggi i tempi sono cambiati ed in meglio. La relatività riguarda non solo la fisica, ma anche la morale. Ciò che una volta era proibito, oggi viene accettato e viceversa. Nel matrimonio il sesso aveva il fine di procreare, soltanto in questo caso era ritenuto lecito secondo la morale ecclesiastica. Negli anni 50-60-70, se una giovane fosse andata a convivere, era equiparata ad una p., oggi eufemisticamente si usa il termine “escort”. Le numerose convivenze, che si registrano anche nel ostro paese, stanno ad indicare cambiamenti sostanziali nella nostra società sul piano dell’affettività e della sessualità, quest’ultima vissuta come piacere lecito e non illecito, prima e dopo il matrimonio. Eppure, apprezzo il senso del pudore di quei tempi, pur non condividendo alcuni comportamenti. Aggiungo un particolare. Nelle famiglie, quando si trattavano argomenti pruriginosi riguardanti il sesso e all’improvviso arrivava un bambino, la donna più autorevole esclamava:” Zitti, che c’è a fratta”! Ho voluto ritrarre un piccolo quadro, seppur modesto, del mondo contadino da cui proveniamo, con i suoi valori e contraddizioni. Vivere castamente secondo i valori della tradizione ere un obbligo per la donna. E l’uomo? Il detto era:” O maschio, o cappello, come s’o mette, s’o mette “. Qualche sociologo, prevede per il futuro che si possano vivere più amori contemporaneamente. D’altronde, è scritto nella Bibbia, il re Salomone, che da Dio ebbe il dono della sapienza, aveva 700 mogli e 300 concubine. Come facesse, non saprei proprio dirvelo. Non vogliatemene per la facezia, me ne scuso. Concludo. Ho voluto ricordare una tradizione castellese nel giorno dell’Immacolata. Oggi a molti può risultare incomprensibile, eppure esprimo apprezzamento per quelle ragazze che credevano in un valore oggi cancellato. Immagino i vostri commenti! Ve ne sono grato in anticipo. Con affetto, un saluto sempre caro.
IL NATALE NEL MIO PAESE – ANNI50 – Le donne iniziavano a meta’ dicembre a preparare i soliti dolci tradizionali: buschettini, pampapati, mostaccioli e pastarelle, ciammellette. I più gustosi erano i pampapati, caratteristici anche per la loro forma a fagottino. Meno gettonati erano i mostaccioli al miele, perchè duri e di difficile masticazione. Per ammorbidirli, venivano posti vicino alla brace. La cottura avveniva nei tre forni a legna del paese: il forno di Francesco Nucci (Via S. Elia), il forno di Antonio Darida e Rosa (Via del Santuario), il forno di De Stefani Tildo (Via G. Verdi).
NOVENA DI NATALE Ogni sera nella chiesa parrocchiale si celebrava il rito della benedizione eucaristica, a molti di voi sicuramente sconosciuto, al termine del quale si cantava a squarciagola Tu scendi dalle stelle. A proposito dei canti natalizi, vorrei ricordare un nostro concittadino, il francescano Padre Galletti, noto compositore, anche per le belle melodie natalizie. Durante la novena, generalmente nella mattinata, percorrevano le vie principali del paese due zampognari probabilmente provenienti dal Reatino. Andavano a coppia, potevano essere due contadini o due pastori. Uno sonava la zampogna, l’altro la ciaramella. Il suono estasiava noi bambini. Erano forti emozioni, che restano per sempre nell animo. Si avvicinava il Natale e noi bambini andavamo per i boschi a raccogliere il muschio e i pungitopi (nel nostro nobile idioma: a grappia e i piccasorgi) . I più creativi si recavano il località Cavalercia a prendere l’ argilla (a creta) per dar forma ai personaggi del presepe. Le statuine, puntualmente malriuscite, erano chiamate puccetti. A proposito mi permetto di ricordare un amico d’infanzia, Luciano Ortenzi, venuto meno in giovane età, un tipo geniale e abilissimo nella lavorazione dell’argilla. Ci era sconosciuto l’albero di Natale con i suoi addobbi. Veniva sostituito dal ginepro, pianta aghiforme, di modeste dimensioni, oggi protetta. Si ignorava anche l’esistenza di Babbo Natale, importato dai soldati americani nel 1944.
LA CENA DELLA VIGILIA- Per quei tempi era improprio il termine cenone. Ecco il menu: spaghetti con noci tritati e zucchero, baccalà fritto, broccoli fritti o lessi conditi con fette di arance. Sull’™argomento sicuramente potreste avere ben altre notizie. Prima della cena, i componenti della famiglia, sebbene in ordine sparso, si recavano in chiesa per la visita al presepio, che in noi ragazzi ogni anno destava il solito fascino. Eravamo attenti osservatori, ogni particolare sollecitava la nostra fantasia.
La MESSA DI MEZZANOTTE – La chiesa era strapiena. Vi si ritrovava l’intera comunità castellese composta in gran parte da contadini, butteri e pastori. Gli uomini avevano un viso asciutto, tirato per la fatica, barba incolta e vestiti da festa sicuramente non alla moda e logori. E’ bene ricordare che anche il vestito era un mezzo di distinzione sociale. Le luci e le candele della chiesa, il profumo dell’incenso, il suono dell’organo, i canti natalizi creavano un’atmosfera particolarmente festosa. La messa era celebrata nella lingua latina; veniva iniziata con il canto gregoriano Puer natus est nobis, introito di rara bellezza musicale. Non mancava qualche nota di colore: c’era chi, avendo esagerato nel cenone, dava segni di essere un po’ alticcio.
IL GIORNO DI NATALE A pranzo si viveva un altro momento di intensa emotività : i bambini nascondevano sotto il piatto della mamma la letterina di Natale, preparata con cura a scuola. La busta ed il foglio erano colorati. Il contenuto era sempre il medesimo: Vi prometto di non farvi arrabbiare, sarò obbediente e studierò di più. Pregherò Gesù Bambino per… La lettura emozionava in particolare i genitori, generalmente non acculturati, al termine della quale si rivolgeva loro formale richiesta di una mancetta, che consisteva in poche decine di lire. Erano molte per quei tempi! Fra tante cose belle ed innocenti, alcuni uomini, pur non avendo il vizio del gioco, proprio nel giorno di Natale, nella tarda mattinata si recavano nella piazzetta di Sant’Anna a giocare d’azzardo. Due erano i giochi: la morra e zecchinetto. Non sono in grado di descrivervi le modalità. Capitava che qualche padre di famiglia, preso dal gioco, dimenticasse di tornare a casa per il pranzo. Lascio a voi immaginare il disagio dell’intera famiglia. Generalmente nelle case dei nonni si organizzavano le solite tombolate. Anche qui grande era la festa per la presenza degli zii, cugini e parenti. Mitigava il freddo il fuoco acceso del camino, di cui ogni casa, seppur modesta, era fornita. Concludendo, non vorrei aver scritto cose banali, specialmente per i giovani. Il Natale di oggi è ben diverso. Con l’inizio del mese di dicembre, in continuazione, la pubblicità televisiva ci propina musiche natalizie internazionali, che associa ai soliti panettoni, ed è stucchevole. Si direbbe: Ogni giorno è Natale. Forse per questo motivo le nostre tradizioni natalizie risultano sbiadite, per non dire ormai inesistenti. Comunque nessuno ci vieta di assaporare la bontà di un pampapato e di cantare a squarciagola il Tu scendi dalle stelle….Auguro a voi e alle vostre famiglie Buon Natale e un fortunatissimo Anno Nuovo.
BEFANA Nella notte della Befana…gli animali parlano. Resta ancora una credenza popolare castellese, dai più dimenticata. Raccomandavano i nostri antenati alla vigilia dell’Epifania: “ Fate magnà be’ e bestie perché stanotte parlono. Se magnono male, ve diranno male; se magnono bene, ve diranno bene!” Si sa nelle favole gli animali parlano, ragionano, ridono, piangono come gli umani. Che diranno di noi? Un’altra tradizione castellese e non solo…al ritorno d…alla messa in famiglia si diceva:”Auguri di Buona Pasquetta”. In alcune regioni come la Romagna ed il Veneto,l’Epifania viene chiamata Pasquetta. Può esserci una spiegazione: l’Epifania è la prima manifestazione della divinità o piccola Pasqua; la seconda grande manifestazione, la Pasqua di Resurrezione. Che cosa trovavano i bambini sotto la cappa del camino? C’era una calza ( a carzetta, o pedalino, frutto dello sferruzzare delle nonne ) con dentro i soliti dolci natalizi e l’aggiunta di fichi secchi, arance, mandarini e carbone per i bimbi cattivi. Per i più fortunati la sorpresa era un cavallino a dondolo, di legno colorato.
Detto castellese: “Quanno riviene a Befanìa
Tutte e feste se le porta via.
Ma S. Benedetto ce ne porta un antro sacchetto.”
Professore Guerrino Martellini 05.01.2015
Pagina aggiornata il 15/04/2024