Sulla strada che da Castel Sant’Elia conduce a Civita Castellana vi è una località chiamata il NOCICCHIO. Il nome deriva da un albero di noce pluricentenario, che è stato conservato sino a pochi anni fa. La tradizione vuole che il luogo e l’albero siano indicati per un particolare riferimento storico: la malattia che ha portato alla morte l’imperatore Ottone III° a soli 22 anni, avvenuta nell’anno 1002, causata dalla vedova di Crescenzio, la bella principessa Stefania.
Crescenzio, dei Conti del Tuscolo e patrizio romano, tentò di ristabilire la Repubblica in Roma, sua patria, avvenne la insurrezione ed egli assunse il potere per 18 anni come Console, durante il suo governo cacciò da Roma il papa Gregorio V, surrogandogli l’antipapa Giovanni XVII.
Il giovane imperatore teutonico Ottone III°, cugino del pontefice Gregorio V, assediò Roma per riporre il legittimo Papa, suo congiunto. Durante le trattative di pace conobbe la bellissima moglie di Crescenzio, la principessa Stefania e se ne invaghì. Così nel 998, Ottone III° per ristabilire l’ordine a Roma uccise Crescenzio e si stabilì con Stefania a Castel Paterno. Da Castel Paterno gli rimaneva facile salire il piano e raggiungere il Nocicchio.
La tradizione ci tramanda che quella pianta e quel luogo fossero il punto di riposo e di ristoro di Ottone III° e della quarantenne vedova di Crescenzio. Ciò avvenne anche la sera del 23 gennaio 1002, ma l’incontro si protrasse per l’intera notte e la mattina del 24 gennaio 1002, l’imperatore molto malato fu trasportato a Castel Paterno dove morì.
La causa della morte non fu mai accertata, ma si disse che “all’ombra del Nocicchio venne propinata all’Imperatore quella dose di veleno che fu mescolata al dolce nettare dei circostanti vigneti, offerto, in un nappo, dalle stesse mani della principessa”.
La leggenda vuole che nelle notti invernali tra lo scrosciare della tempesta, poteva vedersi più volte il fantasma di un cavaliere coperto di acciaio cinto il capo da diadema reale, inseguire una figura femminile. Dalla tradizione/leggenda si può azzardare un fatto reale: i due amanti possono aver abitato in una villetta vicino al Castello di Paterno, in modo da sottrarsi dalla curiosità dell’esercito e dalle deprimenti e austere muraglie di un luogo chiuso e fortificato; e nel giardino della villetta era presente una pianta di noce. Residui di antiche costruzioni che nella zona si rinvengono interrati, possono confermare quanto sopra.
Qualche decennio fa, un colpo di vento più rabbaioso, schiantò il decrepito Nocicchio, abbattendo così quel muto e forse unico testimone superstite della vicenda d’amore e di morte.
Il tronco d’albero detto Nocicchio fu sistemato nella scuola elementare con una targa commemorativa.
Vita e morte di Ottone III
Nel 962 il Sacro Romano Impero passa dagli ultimi carolingi alla dinastia di Sassonia e Ottone I viene incoronato a Roma; alla sua morte gli succede il figlio Ottone II che, diciottenne, ha appena sposato la principessa bizantina Teofano,-e che nel 983 muore prematuramente lasciando a Teofano la reggenza in nome del figlioletto Ottone M, di soli tre anni, nato nel 980.
Educato sotto la guida della madre (e,dopo la sua morte nel 991, della nonna Adelaide di Borgogna) dai maestri più. dotti del tempo, il giovane imperatore, appena dichiarato maggiorenne, elegge papa
il cugino e “quasi coetaneo Brunone, col nome di Gregorio V, e viene da lui incoronato nel 996 a Roma. Qui gli sono a fianco alcuni esponenti del mondo religioso che influiranno in modo determinante sulla sua vita: Gerberto d’Aurillac; uno tra i maggiori scienziati del medioevo, e Adalberto di Praga.
Dinanzi alla grandiosità dei ruderi di Roma antica e sotto l’influenza di Gerberto e di Leone vescovo di Vercelli, nasce in Ottone l’idea di una renovatio romana, la rinascita di un impero universale fondato sull’unione di papato e impero con capitale Roma.
Ma già nel 997 i Romani, capeggiati da Crescenzio Nomentanus, si ribellano ed eleggono antipapa Giovanni Filagatone di Rossano, antico maestro dell’imperatore.
Questi, sceso a Roma, doma la rivolta: Crescenzio è decapitato sugli spalti di Castel S.Angelo, l’antipapa viene mutilato e accecato.
Morto misteriosamente Gregorio V nel 999, Ottone chiama al pontificato il suo maestro Gerberto;
il nome da lui scelto, Silvestro II, conferma il comune ideale di rinascita dell’impero romano-cristiano, che il primo-papa Silvestro aveva condiviso con il primo imperatore cristiano, Costantino. Per espiare la crudeltà nella repressione della rivolta romana, ma anche per realizzare attraverso la fede l’unione delle diverse nazioni europee. Ottone intraprende tra il 998 ed il 1000 una serie di pellegrinaggi che lo portano, dopo S. Michele sul Gargano e Gaeta, presso il santo monaco Nilo di Rossano, alla tomba di Adalberto, trucidato dai prussiani che tentava di convertire e sepolto in Polonia: uno stretto legame si instaura così con il ducato polacco di Boleslao e poi con Stefano d’Ungheria, incoronato rè da Ottone e Silvestro.
Il modello al quale Ottone si ispira è soprattutto Carlo Magno, di cui alla fine dell’anno 1000 fa riaprire la tomba ad Aquisgrana, prelevandone reliquie.
In memoria di Adalberto, di cui ha riportato dalla Polonia parte del corpo, l’imperatore innalza a Roma, sull’isola Tiberina, una splendida chiesa che vuole dotare di altre preziose reliquie, tra cui la
pelle di S. Bartolomeo il cui nome sostituirà presto quello, dimenticato, di S. Adalberto; fa poi prelevare da una chiesa presso il Soratte, quasi certamente quella dei SS. Abbondio e Abbondanzio poco ad est di Rignano, le reliquie dei Santi titolari, martirizzati con Marciano e Giovanni al XIV miglio della Flaminia ed accolti dalla matrona Teodora nel suo podere al XXVIII miglio, forse sul sito della catacomba di Santa Teodora presso la Flaminia.
Dal febbraio del 1001 l’incomprensione dei romani sfocia in una nuova rivolta: assediato nei palazzi del Palatino, Ottone deve abbandonare Roma.
Richiesti rinforzi di truppe dalla Germania, si insedia nel castello di Paterno alle falde del Soratte,
senza tuttavia rinunciare a ritirarsi in meditazione fra i discepoli dell’eremita Romualdo a Pomposa, S. Apollinare in Classe e l’isola di Pereum tra Ravenna e Comacchio.
Ma mentre giungevano i primi contingenti delle truppe tedesche ed una principessa di Bisanzio sbarcava come promessa sposa nelle puglie, il 23 gennaio del 1002 Ottone, forse logorato anche da febbri malariche contratte nelle paludi di Ravenna, moriva nel castello di Paterno a
soli 22 anni.
I Romani, non contenti di aver respinto il più’ sincero sostenitore della loro grandezza, favoleggiarono che la vedova di Crescenzio, Stefania, fosse riuscita a vendicare Io sposo facendo innamorare di sé Ottone per avvelenarlo.
I suoi fedeli soldati, attraversando l’Italia ostile, trasportarono il corpo del loro infelice imperatore ad Aquisgrana dove, secondo il suo desiderio, fu sepolto accanto al grande Carlo: ma, come del suo sogno di pace e fratellanza universale, anche del suo sepolcro si è ormai perduta memoria.
Pagina aggiornata il 11/10/2024